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Il potere guaritore degli inni

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 22 giugno 2016

Originale pubblicato sul web, e in seguito sul numero del 30 marzo 2015 del Christian Science Sentinel


Per tutta la mia vita, ho sempre trovato conforto ed ispirazione nella musica, specialmente negli inni cantati durante le funzioni religiose. Quando mi sveglio, spesso il mio primo pensiero conscio è un verso di un inno. Da bambina, ho frequentato la Scuola Domenicale di una chiesa metodista ed uno dei miei inni preferiti si intitolava “Nel Giardino”. Il verso: “ed Egli cammina con me e Mi dice che sono Sua” (C. Austin Miles, 1912) mi è stato di grande conforto durante la crescita.

Da quando ho iniziato a studiare la Scienza Cristiana, l’ultimo verso dell’inno intitolato “La vecchia croce robusta” ( “The Old Rugged Cross”) tratto dall’Innario metodista, ha assunto per me un nuovo significato. “Raccoglierò la vecchia croce robusta, e la scambierò un giorno con una corona” (George Bennard, 1913). Ho capito che “raccogliamo la croce” ogni giorno quando ci allontaniamo dal peccato e dal materialismo e approfondiamo la comprensione del nostro rapporto con Dio. Veniamo ricompensati del nostro lavoro quotidiano con la gloriosa corona, cioè la promessa del Cristo guaritore. Mary Baker Eddy stabilì che la croce e la corona costituissero il simbolo rappresentativo dei suoi scritti.

L’autrice dichiara in Scienza e Salute con Chiave delle Scritture: “Tutto ciò che ispira saggezza, Verità o Amore, - sia esso canto, sermone o Scienza - benedice la famiglia umana con le briciole di conforto cadute dalla tavola del Cristo, sazia gli affamati e dà acque vive agli assetati” (pag. 234:6). Ritengo che gli inni della Scienza Cristiana non siano solo belli e consolatori; essi conferiscono nutrimento spirituale e trasmettono potenti messaggi guaritori che sono accessibili a tutti.

Alcuni anni orsono, ebbi una meravigliosa esperienza che mi dimostrò quanto siano potenti le intuizioni spirituali che scaturiscono dagli inni. Una mattina di primavera mi svegliai sentendomi depressa.  Stavo pianificando di prendere una lezione di tennis di gruppo insieme alle mie figlie, ma faceva freddo e tirava vento e tali condizioni atmosferiche peggiorarono il mio stato mentale già pessimo. Eravamo in ritardo per la lezione, così mi posizionai in fretta al mio posto sul campo, per prendere le palle che venivano lanciate in rapida sequenza dalla racchetta dell’istruttore. Ad un certo punto mi sbilanciai all’indietro nel tentativo di prendere un rovescio e caddi pesantemente sul fianco sinistro.

Qualcuno mi aiutò a rialzarmi, ma il dolore era così forte che dovetti cercare un posto per sedermi. Con veemenza, dichiarai mentalmente di essere la figlia perfetta di Dio, al sicuro tra le Sue braccia. Mentre mia nuora mi riaccompagnava a casa in auto, riflettei sul Padre Nostro e  sull’enunciato scientifico dell’essere contenuto in Scienza e Salute (vedi Matteo 6:9-13 e Scienza e Salute pag. 468)

Per il resto della giornata e per tutta la notte, rimasi seduta in poltrona. Non riuscivo a sdraiarmi ed ogni movimento era molto difficile. Lessi la lezione biblica per quella settimana dal Libretto trimestrale, edizione integrale. La mattina seguente mi rivolsi ad una practitioner della Scienza Cristiana perché mi sostenesse ed incoraggiasse nelle mie preghiere. Mi volle ricordare che non potevo cadere al di fuori dell’abbraccio dell’Amore divino.

Iniziai ad eliminare mentalmente ogni ricordo della sensazione di cadere e lo sostituii con la verità della mia perfetta individualità, mai caduta. La credenza di depressione e sconforto che avevo sentito la mattina precedente fu sostituita da un senso di benessere. Ricordo di aver visto l’intero incidente come un’opportunità di rinnovare la percezione del mio rapporto con Dio, di raggiungere non solo la guarigione del mio corpo, ma sentire veramente maggior gioia ogni giorno.

Durante i cinque giorni e notti successivi, l’Innario della Scienza Cristiana mi fu di grande conforto. Mi venivano in mente le parole e la musica di un inno, che sottolineavano le parole della practitioner o i passaggi dalla Bibbia e di Scienza e Salute che stavo studiando. L’inno 53 mi assicurò che “le braccia eterne dell’Amor son sempre attorno a noi” (John R. MacDuff) mentre l’inno 58 mi diceva: “non cadrem né cederem” (Elizabeth C. Adams). 

Quando non riuscivo a concentrarmi a causa del dolore, parole significative e musiche mi aiutavano a scacciare la paura ed il dubbio che la guarigione potesse non essere imminente. Continuai a ripetermi quanto dovevo essere riconoscente per il fatto che Dio era lì al mio fianco. Come dice Violet Hay nell’inno 175, sapevo che la Parola di Dio era rivolta a me e mi conduceva alla libertà, proclamando “il vero esser è uno con Te”. Senza peccato e senza paura, integro e felice, ora e per tutta l’eternità”. L’idea che non ci fossero limiti, né di tempo né di spazio, alla nostra unità con Dio mi fu di grande ispirazione. Mentre riflettevo su queste idee, mi accorsi che la paura che avevo provato, veniva spazzata via dalla verità della mia eterna coesitenza con Dio.

Una mattina, la lezione sermone mi guidò direttamente all’inno 382 che inizia: “qual è il tuo retaggio, uomo,  Figlio dell’Un perfetto” e termina con la dichiarazione “tu il dono hai di Dio e domini su tutto” (Emily F. Seal). Quindi lessi e cantai l’inno 374 di John Randall Dunn che ricorda al lettore: “gioisci, perché sei sanato”.

Una sera tardi, ancora seduta sulla mia sedia, dedicai del tempo a studiare le poesie di Mary Baker Eddy, che mi comunicarono che il Cristo era lì, con me, con le ali della guarigione. Questo rinnovò la fiducia e il desiderio di respingere il dolore in favore delle benedizioni di Dio e di una vita attiva e gioiosa.

Continuai a parlare con la practitioner ogni mattina mentre il mio amato marito mi incoraggiava e si prendeva cura di tutti i mestieri di casa. Compresi che potevo accettare l’idea che qualcosa si fosse rotto o fosse andato fuori posto oppure potevo rifiutare completamente tale concetto. Sicuramente i passaggi biblici ci ricordano di continuo la nostra perfezione in Dio. Gesù ci raccomandò di essere perfetti com’è perfetto il Padre nostro (vedi Matteo 5:48). Certamente nella perfezione non vi sono ossa né rotte né fuori posto.

Nell’inno 134,  Samuel Longfellow mi incoraggiava affermando che Dio era presente a “temprare la mia esitante volontà”. Trovai che la definizione di “temprare” era “dare forza e coraggio”. Così decisi di lasciarmi rafforzare dal coraggio datomi da Dio, dall’audacia indissolubile e dalla forza mentale. Mi attesi piena evidenza della “Vita che [fa] ogni cosa nuova” e minuto dopo minuto provai la libertà e la gioia di vedere “libero il piè, pieno il respiro” (Samuel Longfellow, inno 218). Fui gradatamente in grado di muovermi con maggior facilità. Sapevo che una più chiara comprensione del Cristo, sostituisce sempre sofferenza e dolore.

Nell mio quinto pomeriggio in poltrona, sul tardi, riflettei sulle belle parole dell’inno 144. Sapevo che era stato scritto per me, che vivevo nell’atmosfera dell’Amore e davvero stavo facendo del mio meglio per distruggere il senso mortale e per vedere “le meraviglie della Mente eterna”. L’inno recita in parte:

il senso mortale dobbiamo distruggere,
Se desideriamo portare alla luce
Le meraviglie della Mente eterna
Dove si perde di vista il senso.

Perché Dio, Principio immortale,
È con noi ovunque;
Egli ci mantiene perfetti nel Suo amore,
E noi portiamo la Sua immagine.

Quella sera fui in grado di sdraiarmi sul letto e lasciare che l’idea del Cristo espressa inno dopo inno mi inondasse il pensiero. Ero guarita. Il mattino seguente non c’era evidenza di nessun malessere né di disabilità, né c’è mai stata da allora.

Un corpo mortale è una rappresentazione ingannevole dell’uomo.  La deformità dell’uomo di Dio è impossibile. Tutto ciò che deve essere superato è la falsa credenza di un incidente o danno.

Per l’intera settimana, riconobbi e dimostrai lo scopo di Dio, che è sempre di “rivestirci della nostra giusta mente”,  come ci ricorda il nostro amico John Greenleaf Whittier nell’inno 49. Gioii con lui nel riconoscere che ero guarita perché non avevo alcun dubbio che le sue parole dell’inno 96 fossero anch’esse vere: “il potere  che riempì il lembo della veste è per sempre lo stesso”.

Cristo Gesù una volta incontrò una donna che sapeva che se avesse potuto toccare solo un lembo della veste di Gesù, sarebbe guarita da una malattia che la tormentava da lungo tempo (vedi Matteo 9:20-22). Quel potere guaritore così immediato, è ancora disponibile ora e lo sarà per sempre. Era mio diritto esigere un cambiamento nella mia consapevolezza, cioè abbracciare e aspettarmi la guarigione.

Tutt’ora mi sveglio al mattino pensando a un canto e sono molto grata ai poeti ed ai compositori, le cui parole e musiche non solo confortano e portano ispirazione, ma elevano il pensiero verso un sacro luogo di riforma e guarigione.  I miei sentimenti possono riassumersi al meglio in queste parole di Violet Ker Seymer, inno 16:

le gioie del cammin oggi canto,
è il mio cuor pieno di gioia, libero
poiché ciò ch’è Tuo è sempre mio,
me stesso ritrovo in Te.

Parole degli Inni 16, 58, 175, 374 ed adattamento dell’Inno 144 © CSBD.

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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