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Pasqua e la vera guarigione nella Scienza Cristiana

Da L'Araldo della Scienza Cristiana - 22 marzo 2019

Originariamente pubblicato sul numero di aprile 2019 de The Christian Science Journal


Recentemente ho letto un passaggio di Unità del Bene di Mary Baker Eddy su cui mi sono dovuta soffermare.

In questo passaggio, Mary Baker Eddy fa riferimento a quando, dopo la crocifissione di Gesù, Maria Maddalena si reca alla sua tomba e trova la pietra rotolata via dal sepolcro: “Maria si era elevata fino a discernere debolmente l’eterna presenza di Dio e della Sua idea, l’uomo; ma il suo senso mortale, capovolgendo la Scienza e la comprensione spirituale, interpretò questa apparizione come il Cristo risorto” (pagg. 62–63).

La risurrezione di Gesù è sempre stato un evento di grande rilievo per me: il trionfo dello Spirito sulla carne, una prova colossale, una dimostrazione della Scienza divina. E non c’è dubbio che lo fu. Eppure in quel momento mi apparve improvvisamente sotto una nuova luce. Rimasi colpita dalla realizzazione che con la risurrezione Gesù stava dimostrando la sua identità spirituale in quanto Cristo, e che per Dio non si trattava di un “evento”, più di quanto l’alba lo sia per il sole. Mi resi conto che la cosa importante era percepire l’onnipresenza di Dio, realizzare la nostra unità con la Mente divina. Questo fu ciò che permise a Gesù di compiere le guarigioni che fece, ciò che lo mise in grado di risorgere e di proseguire fino all’ascensione.

Mentre meditavo su queste idee, ripensai alla Lezione biblica della Scienza Cristiana per la settimana di Pasqua in cui si accennava solo brevemente alla crocifissione di Gesù: qualche frase qua e là solo per delineare gli eventi. Dapprima Gesù fu messo nelle mani di Anna e di Caiàfa, poi portato da Ponzio Pilato e infine crocifisso. Tuttavia, in quella stessa sezione della Lezione, accanto a questa storia buia e cupa, ne viene narrata un’altra, più ricca di luce e di speranza: Giuseppe [di Arimatea] reclama il corpo di Gesù per metterlo in una tomba, provvedendo così ad un posto sicuro in cui Gesù possa continuare a pregare e compiere la sua salvezza, o “risolvere il grande problema dell’essere”, come dice Mary Baker Eddy nei suoi scritti.

Apprendiamo in Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, sempre di Mary Baker Eddy, che Gesù, mentre si trovava nella tomba, era cosciente, percepiva la presenza di Dio e recepiva i pensieri della Mente divina (vedi pagg. 44–45). Egli rimase in comunione con Dio allo stesso modo anche dopo che i messaggi angelici di Dio, ricchi di ispirazione, avevano rimosso la pietra tombale (pietra che rappresenta il senso radicato nella solidità della materia) e fu in grado di uscire dal sepolcro, risorto. Questo condusse poi alla sua ascensione, momento nel quale i capitoli e gli episodi della sua vita terrena si conclusero definitivamente.

All’epoca, rimasi colpita dal fatto che il racconto succinto della crocifissione nella Lezione aveva lo scopo di farci capire che non era in realtà quel grande evento finale che sembrava essere, e dovevamo invece focalizzare l’attenzione sulla storia luminosa che si trovava al di fuori di quella buia e cupa, seguendone il filo fino a raggiungere altezze più elevate, al di là della storia di speranza rappresentata dalla risurrezione, ovvero all’ascensione, apice ed evento definitivo. Gesù non si fermò, né rimase bloccato a quell’evento che è la risurrezione del corpo mortale, ma insistette sulla comprensione spirituale della presenza eterna di Dio; così facendo, la storia mortale si dissolse gradualmente e inevitabilmente, fino al compimento dell’ascensione.

Non era tutto ciò la conferma di quanto avevo letto in Unità del Bene? Quando Maria si era recata alla tomba di Gesù, aveva intravisto la presenza eterna di Dio come l’insieme totale dell’essere. Questo è il grande evento! Eppure, quando vide che Gesù era vivo e camminava nella carne fu soddisfatta di vederlo così e di accettare questo fatto come “il grande evento”.

Approfondendo ulteriormente il notevole testo di Unità del Bene su cui mi ero soffermata, trovai che quest’idea viene trattata ulteriormente in quanto segue: “Nella Scienza, il Cristo non è mai morto. Per il senso materiale, Gesù morì e visse. Il Gesù carnale sembrò morire, sebbene non fosse così. La Verità, o Vita nella Scienza divina – indisturbata dall’errore umano, dal peccato e dalla morte – dice per sempre: ‘Io sono il Dio vivente e l’uomo è la Mia idea, mai nella materia, né risorto dalla materia’. ‘Perché cercate il vivente fra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato’ (Luca 24:5, 6). Il senso mortale, che confina se stesso nella materia, è tutto ciò che può essere sepolto o risuscitato. … La Via, la Verità e la Vita non furono mai assenti per un solo istante. Questa trinità dell’Amore vive e regna per sempre. Il suo regno, invisibile al senso materiale, non scomparve mai per il senso spirituale, ma è rimasto per sempre nella Scienza dell’essere. Il cosiddetto apparire, sparire e riapparire della sempre-presenza, nella quale non c’è variazione né ombra prodotta da rivolgimento, è il falso senso umano di quella luce che splende nelle tenebre e che le tenebre non hanno compresa” (pagg. 62–63).

La mente carnale vorrebbe cercare di far sì che questa chiamata a compiere un lavoro di guarigione migliore permanga nella morsa della storia mortale.

Pensai quindi ad un altro passaggio nel libro di testo della Scienza Cristiana, Scienza e Salute, che rinforza questa interpretazione e che parla della risurrezione di Lazzaro: “Gesù disse di Lazzaro: ‘Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo’. Gesù risuscitò Lazzaro per mezzo della comprensione che Lazzaro non era mai morto, e non ammettendo che il suo corpo fosse morto e che fosse poi tornato in vita. Se Gesù avesse creduto che Lazzaro fosse vissuto o morto nel corpo, il Maestro si sarebbe trovato allo stesso livello di credenza di coloro che avevano seppellito il corpo, e non avrebbe potuto risuscitarlo” (pag. 75). In altre parole, la risurrezione alla vita di Gesù o di Lazzaro – come potrebbe essere anche il ritorno alla salute, alla stabilità finanziaria, un miglioramento nei rapporti, ecc. – non sono lo scopo, ma la conseguenza di una visione più chiara, naturale, inevitabile e dolce della presenza eterna di Dio che non è solo un “grande evento”, ma l’unico evento.

Tenendo conto di tutto questo, cominciamo a capire che forse l’ostacolo più grande nella dimostrazione della Scienza Cristiana è di avere come obiettivo principale in qualsiasi circostanza il ritorno al benessere materiale, invece di arrivare a discernere “l’eterna presenza di Dio e della Sua idea, l’uomo”. Scienza e Salute dichiara: “La determinazione di trattenere lo Spirito nella morsa della materia perseguita la Verità e l’Amore” (pag. 28). È come se la mente carnale volesse continuamente indurci a chiedere allo Spirito di fare qualcosa per modificare la materia invece di lasciarci concentrare su Dio, che è Tutto-in-tutto. Al contrario, è esattamente l’approccio più spirituale che conduce al progresso necessario e alla guarigione, proprio ora.

Stiamo andando nella direzione sbagliata se, malgrado le nostre buone intenzioni, la nostra serietà e dedizione, il nostro scopo principale è di aiutare qualcuno a superare il dolore, a trovare un lavoro o un compagno o una compagna. Si tratta infatti di un approccio che parte da una storia materiale limitata che coinvolge protagonisti mortali, che segue una cronologia, degli eventi specifici e che accetta la dualità di dolore e gioia come paradigma con cui declinare l’esistenza. Partendo da questa premessa, possiamo pregare fino all’infinito, ma rimaniamo prigionieri della materia e dei suoi limiti e non possiamo elevarci al di sopra del finito. Come si legge in Scienza e Salute: “La fonte non può risalire più in alto della propria sorgente” (pag. 18). Ma la nostra vera fonte, la nostra origine, è lo Spirito: per questo è da lì che dobbiamo partire con la nostra preghiera.

Allora, qual è l’approccio che dobbiamo adottare per risolvere i problemi? La risposta è sempre la stessa: avvicinarsi a Dio. Una devozione sacra e pura all’unità con Dio e alla Sua totalità esalta e onora Dio, o addirittura si fonde con Lui. Mary Baker Eddy spiega: “Vivere in modo da mantenere la coscienza umana in constante relazione con ciò che è divino, spirituale ed eterno equivale a personalizzare il potere infinito; e questa è Scienza Cristiana” (The First Church of Christ, Scientist, and Miscellany, pag. 160). Scrive anche: “Basta semplicemente mantenere un senso positivo e scientifico d’unità con la propria fonte divina e dimostrarlo quotidianamente” (Pulpit and Press, pag. 4). 

Semplicemente? Non pare sempre così facile o semplice mantenere un senso positivo e scientifico d’unità o di unicità con la nostra fonte divina, o Mente divina. Eppure trovo molto incoraggiante notare che tutte le complessità della trama mortale sono solo una tattica simile a quelle utilizzate dal truffatore che predispone un intreccio di complicazioni per poter portare a termine la truffa che ha ideato.

Le complessità mortali ci distolgono da quel semplice senso d’unità con Dio; tendono a sviare la nostra attenzione da Dio per dirigerla verso la marea di problemi irrisolti. Questo significherebbe proprio “trattenere lo Spirito nella morsa della materia” e, in pratica, perseguitare e sabotare la nostra pratica della Scienza Cristiana. Paolo diede questo avvertimento ai cristiani: “Temo che come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti siano corrotte e sviate dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo” (2 Corinzi 11:3).

Che relazioni ha tutto questo col nostro lavoro di guarigione nella Scienza Cristiana, lavoro che, come sappiamo, la nostra Leader, Mary Baker Eddy, si aspettava da noi? Siamo spesso chiamati a migliorare il nostro lavoro di guarigione, perché è grazie ad esso che questo movimento si è stabilito e solo con la guarigione continuerà a prosperare. La mente carnale, o accusatore, è la persecutrice della Verità e vorrebbe cercare di far sì che questa chiamata a compiere un lavoro di guarigione migliore permanga nella morsa della storia mortale. Subdolamente, vorrebbe farci pensare che la veloce crescita del movimento della Scienza Cristiana che si è verificata grazie alle straordinarie testimonianze di guarigione avvenute alla fine del diciannovesimo secolo corrispondesse alla resurrezione della Verità. Ci farebbe poi osservare l’avvenuta crescita e maturità del movimento nel corso del ventesimo secolo, per poi dire che sta arrivando l’ora del tramonto per il nostro movimento; di certo, se aderiamo al paradigma della storia della Scienza Cristiana con un inizio e una maturità, crederemo anche di osservarne il declino e la fine.

Tuttavia, come per il sole non c’è né alba né tramonto, così per la Verità, Dio, non esiste una storia con un inizio, una metà e una fine; c’è solo la Verità. “Per la Verità non vi è errore – tutto è Verità” (Scienza e Salute, pag. 475).

Sotto questo punto di vista, l’unico modo per migliorare il proprio lavoro di guarigione e dargli una spinta è onorare Dio – costringendoci così ad affrontare il senso terreno del sé in tutte le sue forme e di raggiungere una pura comunione con Dio tale da renderci consapevoli della presenza eterna di Dio. Il fatto che questo escluda la pretesa di un’altra presenza può essere definito guarigione, o la scomparsa della credenza nel male, ma, lo ripeto, questo non è l’obiettivo, bensì è l’effetto secondario di una devozione pura e sacra a Dio.

Dio non è solo una gran cosa, è l’unica cosa – l’unica Vita e tutto ciò che rappresenta la Vita.

Io stessa ho vissuto un esempio molto forte di questo tipo di guarigione alcuni anni fa. Ci avvertirono che si erano verificati alcuni casi di una malattia contagiosa nell’asilo nido frequentato da nostra figlia, e notammo che anche lei accusava gli stessi sintomi che ci erano stati descritti. Pregammo diligentemente nel modo imparato nella Scienza Cristiana per vedere questa amata figlia come perfetta immagine e somiglianza di Dio e ci aspettavamo di vedere i risultati. Avevamo anche chiesto a mio padre di pregare con noi, poiché era un practitioner della Scienza Cristiana iscritto al Christian Science Journal. Faccio qui menzione di questo fatto, per chiarire quello che lui poi ci disse la notte della guarigione.

Mio padre venne a trovarci, e appena entrato in casa disse: “Il mio lavoro non è quello di risolvere i problemi della vita mortale; sono qui per onorare Dio. Chi desidera farlo può restare qui durante la mia visita. Gli altri se ne vadano per un po’”.

Ora, so che mio padre amava sua nipote quanto noi. Non intendeva dire che non gli interessasse come sarebbe andata a finire o se la bambina guarisse, né che volesse esercitare un controllo personale sulla situazione – al contrario! Stava dicendo che sapeva per esperienza che solo Dio è Vita e che il modo per guarire questa falsa idea riguardo alla salvezza e al benessere di nostra figlia quale espressione della Vita era di riconoscere Dio come Vita e insistere su questo fatto.

Rifiutò di credere ad una storia mortale con alti e bassi, e alla presenza di una persona o di un potere diverso da Dio che può condurre a futili tentativi per prolungare la salute di una persona. Per mio padre, accettare questa credenza significava disonorare Dio. Stava difendendo il fatto stesso che la Vita è eterna, immutabile, sempre presente e stava riconoscendo che lo stato di salute e l’armonia di nostra figlia erano sempre integre e al sicuro in questa Vita immutabile, esattamente come la luce del sole è al sicuro nel sole.

Provai un grande sollievo. Mio padre aveva smascherato l’errore principale che stavo commettendo nelle mie preghiere. Mi ero lasciata convincere a cominciare dall’immagine di una bambina che aveva bisogno di guarire e mi sentivo spaventata e insicura all’idea di non sapere abbastanza per poter aiutare mia figlia. Ma era un punto di partenza falso. Io sapevo come osservare e onorare Dio. Sapevo come entrare umilmente in comunione con Dio, e come provare quel senso di sollievo che si avverte quando si vede e si ragiona in base alla prospettiva da cui l’Amore divino, il Padre-Madre Dio, vede tutta la Sua creazione. Erano queste le premesse da cui partire per una preghiera corretta, e sentii tutte le mie paure dissolversi in un istante. Capii che nostra figlia era già al sicuro e che ciò che ero guidata a fare, era non avere altri dii nel suo cospetto e amare Dio con tutto il mio essere.

Mio padre rimase da noi per circa un’ora. Mia figlia dormì tutto il tempo. A dire il vero continuò a dormire per tutta la notte; ero io a non avere il desiderio di dormire. Rivolgendomi a Dio in questo modo ebbi un’illuminazione così pura e singolare da rendermi chiaro che desideravo vedere tutto e tutti sotto questa luce; cominciai da mia figlia, e continuai fino a quando non mi sentii completamente convinta della sua perfezione spirituale. Poi feci lo stesso tipo di lavoro per tutti i membri della mia famiglia, per tutti i miei concittadini, per gli studenti dell’università sulla collina vicina; quindi proseguii mentalmente lungo il fiume fino alla cittadina successiva e poi continuai con tutto il mondo fino a che riuscii percepire che la luce della Vita abbraccia l’universo! Vidi tutto immerso in questa luce!

A tarda notte andai finalmente a dormire. La mattina seguente, mia figlia si svegliò ben riposata e fece con gioia una colazione abbondante. Non accusò mai più alcun sintomo o segno della malattia.

Questa lezione continua a ripetersi: Dio non è solo una gran cosa, è l’unica cosa – l’unica Vita e tutto ciò che rappresenta la Vita. Il modo in cui questo fatto si riflette nella nostra esperienza umana tramite la guarigione non sta nella risoluzione dei problemi della vita, ma nell'interpretarla correttamente dal punto di vista della Mente stessa. Rinunciando al sé e rendendo a Dio la Sua totalità, ci eleviamo a questa unione con la Mente. Riusciamo a intravedere la presenza eterna di Dio e questo esclude qualsiasi cosa Gli sia dissimile. Riconosciamo quanto chiaramente splenda l’armonia di Dio, che dissipa la nebbia del peccato, della malattia e della morte dalla nostra esperienza quotidiana. Ma stiamo attenti a non farne il nostro scopo, e a lasciare, invece, che sia la conseguenza inevitabile della vera questione, ovvero la coscienza divina stessa che ci “fa pregustare l’eternità” (Scienza e Salute, pag. 598).

Sarà allora naturale condividere le nostre testimonianze di guarigione enfatizzando questi momenti di consapevolezza divina e lasciare che la relativa e necessaria scomparsa delle cattive credenze dal nostro pensiero e dalla nostra esperienza venga descritta come naturale e inevitabile, proprio come l’oscurità cede il posto alla luce. Dopotutto, siamo qui ora su suolo sacro, nel regno dei cieli, nella presenza eterna di Dio!

La missione de l’Araldo

L’Araldo della Scienza Cristiana fu fondato nel 1903 da Mary Baker Eddy. Il suo scopo è di “proclamare l’attività e la disponibilità universali della Verità”. La definizione di “araldo”, come indicata in un dizionario: “colui che avverte — un messaggero mandato avanti per annunciare l’approssimarsi di ciò che segue”, dà un significato particolare al nome Araldo ed inoltre indica il nostro dovere, il dovere di ognuno di noi, di vedere che i nostri Araldi assolvano alla loro responsabilità, una responsabilità inseparabile dal Cristo e annunciata per la prima volta da Gesù (Marco 16:15): “Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura”.

Mary Sands Lee, Christian Science Sentinel, 7 luglio 1956

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